24/04/14

metafore


Antefatto:
Milano, 1944. I partigiani si muovono in bicicletta. Un cane, il cane di un nazista, ha appena divorato uno di loro. Il cane si chiama Kaptan Blut e adesso è pentito, mortificato, guaisce e si nasconde sotto un letto. Vorrebbe non averlo fatto, sembra non voler essere più niente, se essere significa divorare uomini.

Io vorrei vedere gli altri: lo stesso Hitler, nelle circostanze stesse, che si rendesse conto di quello che fa, e guaisse, corresse sotto un letto a gemere. 
O un qualunque tedesco di Hitler, un milite di Mussolini: tutti costoro che hanno fatto cose al mondo, ridendo nelle cose che facevano
in Spagna e in Russia, in Grecia, in Francia, in Sicilia, in Slovenia, in Cina e in Lombardia; e ora corressero sotto un letto a gemere. 
Correrebbero sotto un letto a gemere? Guairebbero?
Però non è in questo la risposta che cerchiamo.
Può darsi che essi guaiscano.
Sono cani.
Può darsi che corrano a gemere sotto il letto.
Noi vogliamo sapere un'altra cosa.
Non se il gemito è nell'uomo. E come sia l'uomo.
Ma se è nell'uomo quello che essi fanno quando offendono

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